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Il grano tenero (Triticum aestivum o Triticum vulgare o Siligo) è una pianta erbacea della famiglia
delle Poaceae.
[1]
I frumenti teneri comprendono diverse varietà ed hanno estensione colturale più ampia rispetto ad altri
frumenti perché, per la loro buona resistenza al freddo, sono i soli in coltivazione nei paesi nordici. Il grano
tenero è la specie di frumento che, per il suo largo impiego nella panificazione e nella produzione di paste
alimentari fresche, assume maggior importanza fra i cereali in coltivazione oggi.[2][3][4][5][6]
L'esaploide con genomi BAD, 2n=42, è derivato dall'ibridazione di una sottospecie coltivata di Triticum
turgidum (grano duro) e il polline di una specie selvatica, l'Aegilops tauschii.
[7.
Le moderne varietà sono frutto di incroci o anche dell'ingegneria genetica, applicate
per aumentarne la resistenza alle malattie e la produttività. Per esempio, per
impedire agli steli di alzarsi troppo e collassare poi sotto al vento, sono state
incrociate della varietà Norin 10 (che si è scoperto oggi contenere i geni funzionali
Rht1 e Rht2 che riducono la sensibilità della pianta all'acido gibberellico, sostenitore
della crescita soprattutto in presenza dei nitrati contenuti nei fertilizzanti). Il grano
Norin 10 è una varietà semi-nana a spighe molto grosse proveniente dalla stazione
sperimentale di Norin in Giappone. Cecil Salmon, biologo esperto del frumento nel
team del generale Douglas MacArthur, spedì alcune sementi a Orville Vogel negli
Stati Uniti dove, nel 1952, fu usata da Norman Borlaug e i suoi collaboratori per
incroci con tradizionali varietà messicane. Ne nacquero delle varietà ad altissima
produzione (Lerma Rojo 64 e Sonora 64) testate poi in India durante la Rivoluzione
In botanica, con il termine cariosside si indica un frutto secco indeiscente (frutto che, anche giunto a completa maturazione, non si apre
spontaneamente per fare uscire il seme) monospermio (contenente cioè un solo seme) tipico della famiglia delle Graminaceae. È chiamato nel
linguaggio corrente "chicco", e granella nel linguaggio tecnico-pratico. Esempi sono la cariosside del frumento, del riso, del mais.
Deriva da ovario supero, pluricarpellare (cioè formato da più foglie modificate). È considerata da alcuni autori
una modificazione di un achenio da cui differisce perché, nella cariosside, il seme è saldato ai tegumenti del
frutto. Questa caratteristica lo fa anche denominare frutto-seme.
È caratterizzata da un abbondante tessuto di riserva chiamato endosperma, formato da proteine e amido, che
può costituire fino al 90% del peso secco della cariosside. L'endosperma amilaceo (definito anche albume) è
circondato da una porzione formata da uno strato di cellule ricche di proteine (strato aleuronico, circa il 5%
del peso secco). L'endosperma contiene anche piccole percentuali di grassi, sostanze minerali ed enzimi utili
soprattutto alla germinazione
L'embrione (2-4% del peso chiamato germe di grano in linguaggio non tecnico) è periferico ed in genere
visibile come un rilievo sulla parte dorsale della cariosside. La parte restante (8-10 %) è formata dai tegumenti
del frutto e del seme (pula o crusca) ed è generalmente eliminata nella produzione delle farine raffinate.
La forma è varia, generalmente ellittica con una faccia convessa ed una pianeggiante; su questa si trova una
depressione detta ilo. L'ilo rappresenta il punto in cui il funicolo dell'ovulo si attacca alla parete interna
dell'ovario e può essere rotondo, ellittico o lineare.[1]
In alcuni casi (es. l'orzo e il farro) alcune parti del fiore (le glume e le brattee che ricoprono la spighetta)
rimangono aderenti alla cariosside che si definisce in tal caso vestita.
Una "farina" è un prodotto macinato fine; alla vista non sono distinguibili i singoli frammenti e al tatto risulta come una polvere impalpabile, come il talco o la polvere di cacao.
La "semola" è una farina i cui granelli sono ben visibili e percepibili al tatto come lo zucchero (semolato). La semola si può classificare in base alla granulometria: semola grossa (600-800 micron), semola media (400-600 micron), semolino (0-300 micron), semola rimacinata a seconda delle dimensioni dei granelli, dimensioni che variano da 0,3 a 1,5 mm[3]. Si utilizzano anche i termini di farina "granita" o farina "bramata". Anche queste sono semole: la farina granita spesso corrisponde alla semola (grano duro); la bramata si riferisce normalmente alla farina di mais a grana grossa. Il termine grits (sabbia) o gritz si riferisce al semolino, generalmente di grano duro oppure di Dalla macinazione del grano tenero si ottiene una resa in farina che oscilla tra il 70 e l'82%; il rimanente 18-30% è costituito da crusca, cruschello, germe, farinaccio. La percentuale di farina estratta dal chicco dipende dal tipo di grano e dai parametri chimico-fisici desiderati e impostati nella macinazione.
Il processo di macinazione del grano tenero ha inizio con la pulitura del grano. Esistono tre fasi di pulitura e la fase di bagnatura o condizionamento:
- La prima fase si chiama pre-pulitura ed è quella che si esegue subito al ricevimento del prodotto presso il mulino prima di immagazzinarlo nei sili o depositi. Questa pre-pulitura ha la caratteristica di dover lavorare in modo veloce una grande quantità di prodotto e serve a migliorarne la conservazione fino alla lavorazione successiva.
- La pulitura, che si esegue prima della macinazione. In questa fase la pulizia deve essere molto accurata e sono necessarie più macchine, ognuna delle quali serve a togliere impurità specifiche. La più importante è la spazzola grano, che serve a una pulizia più profonda del frumento spazzolando la sua parte esterna e rimuovendo polvere, terra e altre impurità possibili come muffe.
- La bagnatura del grano e il suo tempo di riposo (chiamato anche "condizionamento") permette di ammorbidire la parte esterna di crusca che in questo modo, durante la macinazione, non si frantuma rimanendo più morbida e di dimensioni maggiori e facilitando quindi la sua perfetta separazione tramite la setacciatura.
- Dopo bagnatura e riposo è quasi sempre prevista una seconda pulitura, per migliorare ulteriormente la pulizia del prodotto. Questo processo, insieme con la bagnatura, è suddiviso in altre fasi nel caso in cui l'oggetto della lavorazione sia il grano duro e non quello tenero.
Successivamente il frumento viene indirizzato alla macinazione: negli impianti industriali ci sono più fasi di macinazione in sequenza da minimo 8 a 14 o più, le progressive macinazioni servono ad aprire con delicatezza i chicchi e poi spogliarli delicatamente dalla farina contenuta cercando il più possibile di non frantumare la crusca e il cruschello. Da ogni passaggio di macinazione il prodotto è normalmente aspirato da sistemi pneumatici e inviato a un passaggio di setacciatura con macchinari chiamati Plansichter. Il risultato finale è una farina con caratteristiche fisiche conformi alla lavorazione attesa. I prodotti di scarto, come il cruschello, la crusca e il farinaccio possono essere usati per scopi zootecnici se non altrimenti trattati per scopo umano, secondo i termini di legge.
Spesso si utilizzano farine di cui alcune additivate volontariamente, mediante l'aggiunta di: agenti di trattamento, agenti antiagglomeranti, coadiuvanti tecnologici (enzimi come le xilanasi, le lipasi, le transglutamminasi, le alfa-amilasi, le glucosio-ossidasi, ecc.) o "glutine vegetale secco", acido ascorbico (E300), L-cisteina, per migliorarne le caratteristiche tecnologiche[4]. Gli additivi consentiti dall'attuale normativa sono pertanto: glutine secco, acido ascorbico (E300), L-cisteina (E920), biossido di silice e silicati (E551 - E559), acido fosforico di - tri - polifosfati (E338 - 452), oltre chiaramente a tutti gli enzimi.
Le farine derivate da basse estrazioni (abburattamento del 70-75%) provengono principalmente dalla parte centrale del chicco e si contraddistinguono a occhio nudo per la loro purezza e candore; sono denominate in Italia farina tipo 00. Al contrario, una farina ad alto tasso di estrazione (circa 80%) sarà meno chiara in quanto contiene anche la farina proveniente dalla parte esterna del chicco (strato aleuronico); in relazione al contenuto in ceneri (minerali) possono essere denominate farina tipo 0, tipo 1 o tipo 2. La legislazione italiana non contempla tipi di farina più fini della "00", ma esistono e si usano altrove, specie nel Sud America, tipi di farine ancor più raffinate: la "000" (triplo zero) e persino la "0000" (quattro zeri), dopo processi d'abburattamento ancor più radicali, che le rendono totalmente impalpabili. Sono usate per fare sfoglie sottilissime che, anche dopo un'attenta cottura, rimangono bianche, lucide e molto lisce.
La farina integrale non è composta dal 100% del frumento macinato, proprio perché la legge italiana fissa dei limiti di presenza di ceneri quindi una parte di crusca viene rimossa; questo per due motivi: 1) rientrare nei limiti di legge 1,3%-1,7% di ceneri; 2) La crusca, che è più esterna, si differenzia dal cruschello che è più aderente allo strato aleuronico per essere meno ricca di vitamine e dal gusto meno gradito.
La tabella seguente (D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187) riassume le principali caratteristiche delle farine di grano tenero in commercio in Italia, e le equivalenti classificazioni statunitensi, tedesche e francesi:mais